(Cover) - IT Italian Stars - C'è stato un momento, negli anni Novanta, in cui Diego Abatantuono si trovava nel deserto messicano con la troupe di 'Puerto Escondido', magro, abbronzato, affilato nei tratti.

Bellissimo, dice lui. Poi, all'improvviso, la telefonata: 'Abbiamo vinto l'Oscar per "Mediterraneo"'. Lui, senza smoking, affitta il primo disponibile. 'Mi stava da Dio. Poi ho scoperto che era quello usato da Sean Connery in "007"', racconta come riporta il Corriere della Sera. 'Libidine massima'.

Hollywood applaude, ma Abatantuono resta lo stesso che si emoziona di fronte alla sua vera opera riuscita: la famiglia. 'Il mio film migliore è la mia famiglia. Posso aver sbagliato un agente, ma se sbagli moglie sei finito', ammette. Eppure lui non si pente nemmeno di questo. Rita Rabassini, sua ex, è rimasta una persona fondamentale: 'Mi ha aiutato ad avere una figlia straordinaria, non mi ha mai creato un problema. Conosco gente che vive divorzi pieni di rancore, io no'. E anche con Giulia Begnotti, madre dei suoi altri due figli, l'equilibrio è solido: 'Ci siamo trasferiti a Lucca per far crescere insieme tutti i ragazzi. Sei nonni tra effettivi e acquisiti: un parterre di qualità'.

Tuttavia, nonostante i grandi successi, i premi veri sembrano sempre essere andati altrove. 'Per "Regalo di Natale" si diceva che avrei vinto io, poi niente. In "Per amore, solo per amore" parlo tutto il tempo, mentre Haber è muto per tutto il film e vince lui. Con "Il toro" ho fatto tutto io, ma la Coppa Volpi va a Roberto Citran'. Ride: 'Ero sulla cresta dell'onda. Forse, se fossi stato in giuria, avrei premiato anche io gli altri per dar loro una spinta'.

E pensare che non voleva neanche fare l'attore. 'Non ero uno di quelli che da bambino cantava sui tavolini. È stato un caso, una serie di scelte fortunate'. Dalle luci dei Gatti di Vicolo Miracoli alla direzione artistica del Derby a 21 anni, su proposta dello zio. 'Chiamai tutti i miei amici: Porcaro, Faletti, Salvi, Boldi. Era un circo esilarante'.

Lì nacque il terrunciello, ispirato dai dialetti del Giambellino. 'Oggi parlerebbe un misto magrebino-italiano, ma allora era pieno di pugliesi e tutti parlavano così. Lo portai sul palco, poi al cinema. Funzionò. Ero ovunque'. Forse troppo. 'In tre anni girai venti film. Gestione scriteriata, ero giovane, mi consigliarono male. E bruciai il personaggio'.

E i soldi? Persi. 'Ero sul set di "Attila" con lo spadone e firmavo assegni da 17 milioni senza sapere a chi. Pensavo di pagare tasse, invece no. Mi ritrovai sommerso dai debiti'. Poi, la svolta: una telefonata di Pupi Avati. 'Aveva pensato prima a Lino Banfi. Se avesse detto sì, la mia carriera avrebbe preso un'altra piega'.

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